Benché i due basilesi lavorino insieme da 40 anni, la qualità e la straordinaria individualità non hanno risentito di questa lunga collaborazione, anzi: Herzog e de Meuron sono tuttora gli architetti più rinomati al mondo. Ecco un collage di notizie della stampa su questo affascinante team.

Da oltre tre anni Jacques Herzog e Pierre de Meuron percepiscono l’AVS: sono quindi in pensione? Nel 2015, anno del pensionamento, i due architetti hanno creato una fondazione che presenta, su un ex sito industriale basilese, modelli, piante, testi e immagini di oltre 450 progetti da loro firmati. A settembre dello stesso anno viene inaugurata la Roche Tower, una costruzione alta 178 metri, in cui strutture moderne e tradizionali collidono marcatamente.

Un anno dopo portano a termine la Elbphilharmonie ad Amburgo, continuano a costruire stadi, grattacieli e musei intorno al mondo e rivoluzionano la loro città natale con grandi progetti per la Fiera, Roche e Novartis. La primavera successiva avviano i lavori del Meret Oppenheim Hochhaus, un grattacielo in prossimità della stazione di Basilea. Inoltre riprendono a costruire case piccole e raffinate, come 35 anni fa, agli albori della loro carriera.

Un ritiro a 68 anni sarebbe più che legittimo. È giunta l’ora di godersi la pensione? Posta da alcuni giornalisti, la domanda ha strappato un sorriso a Herzog, che ha affermato di non aver mai preso in considerazione questa ipotesi: «Continueremo a lavorare finché la salute e la voglia ci assistono». Domani, dopodomani, il prossimo mese, il prossimo anno… sempre con la stessa curiosità, abilità e in piena libertà di scelta.

 

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Herzog & de Meuron

Il duo dell’architettura

La coppia formata da Jacques Herzog, nato il 19 aprile 1950 a Basilea, e Pierre de Meuron, nato l’8 maggio 1950 anche lui a Basilea, è un punto di riferimento importante dell’architettura dalla fondazione del loro studio associato nel 1978. Oggi hanno cinque uffici in tre continenti e danno lavoro a 420 collaboratori. Tra le loro opere la Tate Gallery of Modern Art, la Elbphilharmonie ad Amburgo, lo stadio nazionale di Pechino e naturalmente lo stadio St. Jakob-Park a Basilea.

A stimolarli è la continua ricerca della perfezione e la consapevolezza delle proprie qualità. In qualsiasi incarico, dalla Fiera di Basilea all’Allianz Arena di Monaco, dalla Tate Gallery di Londra all’azienda vinicola Dominus nella Nappa Valley californiana (il loro primo progetto extraeuropeo risalente al 1997), il duo si è sempre dimostrato spontaneo, trainante, esigente e determinato: ‘impossibile’ è una parola che non rientra nel loro vocabolario. Dal 2008, anno della realizzazione insieme all’artista Ai Weiwei dello stadio olimpico di Pechino, soprannominato «Nido di ucello», con un involucro esterno in acciaio di 42 000 tonnellate, sono considerati gli architetti più celebri al mondo.

Non basta?

Certo che no: dopo aver costruito sulla facciata di mattoni del vecchio magazzino amburghese Kaispeicher un’imponente onda di vetro, che ospita tre sale da concerto, un centro congressi, diversi appartamenti e un hotel, e aver fatto della Elbphilharmonie il nuovo simbolo della città anseatica, i due basilesi sono diventati icone dell’architettura contemporanea.

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La «Filarmonica dell’Elba» è il più grande progetto da loro mai realizzato: nei momenti di picco lo studio amburghese contava 75 architetti alle prese con 3500 tavole dettagliate. Lo sforamento del budget ha portato a contestazioni tra avvocati e alla valutazione di migliaia di proposte di modifica, notifiche di costi supplementari nonché avvisi di riserva e di impedimento. Questo spiega perché l’onorario degli architetti di 54 milioni di euro si prosciughi in breve tempo. Ciononostante Herzog afferma senza falsa modestia, ma nemmeno con presunzione: «Abbiamo eretto in tutto il mondo edifici straordinari». «Sono affascinato da come pensano e parlano gli atleti. Quando uno come Federer, che in fondo è un uomo modesto, dice: ‹Ho giocato perfettamente›, nessuno lo trova arrogante, poiché in altre ­occasioni fa autocritica».

«Abbiamo eretto in tutto il mondo edifici straordinari». .
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Roche Tower di Basilea, 178 m, 41 piani, 14 ascensori, 2000 posti di lavoro su 74 500 m²

Giganti tra giganti: Federer, Herzog, de Meuron, una triade basilese per così dire. E come spesso capita ai giganti, si estraniano dal mondo reale per focalizzarsi sulle proprie azioni, concentrarsi sul compito, orientarsi a niente di più semplicemente complesso del proprio standard. Ecco cosa li ha resi gli architetti di maggiore successo al mondo, con collaboratori da più di 40 nazioni di età media di 35 anni, operanti in studi a Basilea, Londra, Amburgo, Madrid, New York e Hongkong. «La nostra sfida consiste nell’adeguarci a un nuovo ruolo: in passato disegnavamo i progetti da soli e dirigevamo i lavori, oggi diamo spunti, a volte molto concisi» rileva de Meuron.

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Gli edifici più alti della Svizzera

Solo tre di queste quattro torri si trovano in grandi città. La quarta può quasi essere definita carina.

Ogni anno possono scegliere, tra centinaia di progetti, quelli di maggiore ispirazione: che si tratti di un ristorante di montagna come il «Chäserrugg» sul massiccio del Churfirsten, dove si può gustare il Toggenburgerplättli, un enorme tagliere di succulenti salumi, formaggi e verdure sott’aceto per 46 franchi, o di un progetto di moda sviluppato insieme a Prada oppure ancora dell’allestimento delle scene per l’opera verdiana «Attila» al Metropolitan di New York, gli architetti basilesi lavorano indefessi, come se non vi fosse un domani. Vogliono continuare a creare «luoghi di densificazione estrema» e dedicarsi con la loro eccezionale individualità a quello che più li stimola, portando avanti la quarantennale collaborazione. Dal loro primo giorno di scuola, nel 1956, Herzog e de Meuron percorrono fianco a fianco la stessa strada, condividendo gli insegnanti, il ginnasio e il Politecnico federale e diventando infine soci in affari. Questo è il segreto della loro collaborazione, come afferma Herzog:

«La nostra amicizia è così autentica perché si è sviluppata nell’infanzia: i bambini sono puri, spassionati e generosi. Questo periodo è profondamente radicato in noi, anche se siamo due persone molto diverse».


De Meuron aggiunge: «Ci accomunano la ­curiosità e l’apertura mentale». Mentre Herzog è piuttosto estro­verso, rigido e chiassoso, de Meuron è più silenzioso, calmo e ­riflessivo: «Pierre ha probabilmente il carattere migliore» commenta Herzog. Quando nel 1978, subito dopo il diploma di architettura al PF, fondarono lo studio in Rheinschanze 6 a Basilea, tuttora ivi situato, passando da studenti a imprenditori, l’indipendenza e la libertà di scelta erano due pilastri fondamentali. La ­curiosità è rimasta un motore costante, l’apertura mentale è sempre stata garanzia di successo e la fiducia la base della collaborazione. Ma l’ingrediente princi­pale era la certezza di poter vivere e decidere in totale ­libertà. Queste sono le radici, la base su cui si fonda tutto. Come ben sanno i due architetti, la costruzione del mondo non è ancora terminata. Qual è il loro contributo? Herzog: «Abbiamo sempre preso posizioni chiare e precise. Ora che la digitalizzazione ha aperto le porte all’arbitrarietà, siamo diventati ancora più intransigenti».

Dove porta questo viaggio?

«Non lo sappiamo» risponde Herzog. «Perché la grandiosa architettura moresca, rinascimentale o barocca non contraddistingue ogni epoca? Come mai uno stile termina all’improvviso e vi sono lunghi periodi di stasi? L’architettura è specifica, ossia strettamente legata al luogo concreto e al periodo storico in cui si sviluppa. Ciò che ieri era possibile, domani forse non lo sarà più. Oggigiorno la mentalità è cambiata: l’architetto di spicco non è più il mago in un’arena senza limiti. Gli studi di architettura sono sottoposti a una pressione sempre maggiore e sono ancora più responsabili per le loro azioni. Il margine di azione diminuisce e la responsabilità aumenta». 

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Che fare quindi? Chiudere lo studio? Vendere? Provare lo sbarco in borsa? La decisione è ricaduta su un modello generazionale: a maggio dell’anno scorso un nuovo CEO ha assunto le mansioni manageriali finora svolte da Herzog & de Meuron, ossia la gestione del gruppo di undici imprese con oltre 400 collaboratori, attualmente impegnati in 50 – 60 progetti in quattro continenti. Ora sono i giovani a dover assumere responsabilità e sviluppare il proprio stile.

«Vogliamo ancora essere ­presenti e invecchiare in uno studio giovane e dinamico»

«Con l’età la peggior cosa da fare è sviluppare schemi comportamentali fissi» aggiunge ­Herzog, augurandosi di poter invecchiare nel luogo che più lo mette a suo agio, ossia in uno studio di architettura, «circondato dai giovani migliori, per mantenere in vita il processo». «Forever young» è quindi il motto, anche se nessuno la metterebbe giù in questi termini nello studio sul Reno. Spetta agli eroi odierni decantare i due giganti, come la star del rap Kanye West, che nell’album con Kid Cudis «Kids See Ghosts» ha dedicato un inno ai due architetti basilesi: «I’m a relish on the fact vibin’ on the future Herzog and de Meuron in an office out in Basel», che tradotto significa «Sono entusiasta che il futuro ­abbia origine in un ufficio di Herzog e de Meuron a ­Basilea».

Herzog & de Meuron & Kanye West

Il rapper, dalla sua apparizione alla Design Messe a Miami e a Basilea, è un fan dichiarato della coppia dell’architettura, tanto da aver dedicato ai due giganti di Basilea un pezzo musicale.

P.S.: tra le fonti per la redazione di questo testo figurano articoli di «Hochparterre», «Schweizer Illustrierte», «Aargauer Zeitung» e «Hamburger Abendblatt»

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